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Cosa succede se non si paga il condominio?

Ogni condomino ha il dovere di pagare le spese condominiali come riportate nel piano di riparto del bilancio preventivo redatto dall’amministratore e approvato dall’assemblea insieme al rendiconto. 

Le quote condominiali devono essere pagate entro le scadenze indicate ne bilancio preventivo approvato, questo a prescindere dall’esplicita richiesta dell’amministratore, almeno quando queste sono già certe e fisse. La legge non assegna un termine minimo di tolleranza per i pagamenti rendendo difatti il condomino inadempiente, il giorno dopo la scadenza indicata nei prospetti.

L'art. 1129 comma IX così recita: "Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigi-bile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposi-zioni per l'attuazione del presente codice". In mancanza delle azioni di recupero l'amministratore può essere ritenuto professionalmente responsabile per gravi irregolarità (comma XII 1129 c.c.).

Per il recupero delle quote condominiali, la legge consente all’amministratore di nominare un avvocato di propria fiducia, senza bisogno della previa autorizzazione da parte dell’assemblea. Se non vi ha già provveduto l’amministratore, l’avvocato invia una diffida al moroso intimandogli di pagare entro un termine prefissato (generalmente sette giorni). Resta ovvio che i costi del legale saranno richieste al moroso.

Alla scadenza, l’avvocato può rivolgersi al giudice per chiedere un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. In buona sostanza, il moroso viene raggiunto da una notifica di un atto giudiziale, fatta dall’ufficiale giudiziale. In essa, è contenuto l’ordine del magistrato a pagare immediatamente le somme non versate aggravate delle spese legali. Se non adempie, il moroso si vedrà recapitare, nei giorni successivi, un atto di precetto, ossia un ultimo avvertimento a versare le somme dovute entro il termine massimo di 10 giorni. Se neanche con il precetto il moroso adempie, il condominio può avviare la fase dell’esecuzione forzata, consistente nel pignoramento dei suoi beni:

  • il pignoramento mobiliare che prevede la confisca di beni mobili, ad eccezione di quelli necessari per vivere, e i beni che saranno venduti dovranno arrivare a coprire l’importo dovuto;
  • il pignoramento presso terzi prevede che eventuali crediti del debitore verso altri soggetti siano pignorati (stipendi, pensioni o versamenti fatti sul conto corrente) e sarà il datore di lavoro stesso a corrispondere al creditore una somma mensile di denaro;
  • la terza e ultima forma è il pignoramento immobiliare che porta a vendere la casa all’asta e può essere fatto quando l’importo del debito sia consistente che rimane non conveniente come formula perché un soggetto (come la banca) con cui è stato stipulato un contratto di mutuo potrebbe interporsi tra le parti.

Al condomino morosi si possono sospendere l'erogazione di servizi di cui fruisce, ma che non intacchino gli altri condomini. Se un condomino è moroso da più di sei mesi, l’amministratore può procedere con la richiesta del blocco di servizi (accesso a strutture o utilizzo di beni)

Nel caso in cui l’ingiunzione di pagamento e il pignoramento dei beni verso il condomino moroso non abbiano effetto, gli altri condomini dovranno coprire la quota del moroso con un'anticipazione o costituzione di fondo speciale per far fronte al deficit di cassa.

Giurisprudenza:

  • Cassazione 06 agosto 2010, n. 18332 (l’amministratore è legittimato ad agire (e a resistere) in giudizio (nonché a proporre impugnazione) senza alcuna autorizzazione, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall’articolo 1130 Codice civile, quando cioè si tratti di riscuotere dai condòmini inadempienti il pagamento dei contributi determinati in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea).
  • Cassazione 09 novembre 2012, n. 19533 (riscuotere i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea è compito precipuo affidato dall’art. 1130 cod. civ. (e dall’art. 63 disp. att. cod. civ.) all’amministratore, il quale pertanto è senz’altro abilitato ad agire e a resistere nei pertinenti giudizi, senza che occorra quell’apposita autorizzazione dell’assemblea).
  • Cassazione 25 ottobre 2010, n. 21841 (l’amministratore del condominio è legittimato a promuovere una controversia per far rispettare il regolamento di condominio, pur se la relativa deliberazione assembleare era stata approvata senza la maggioranza qualificata stabilita dal secondo comma dell’art. 1136 c.c.: Trattasi d i una delibera superflua e di conseguenza ininfluente è la maggioranza con cui è stata adottata).
  • Cassazione 2016, 10865 (l’amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell’ambito delle proprie attribuzioni, non necessita di alcuna autorizzazione assembleare e che, ove anche intervenga, essa (la delibera autorizzativa) avrebbe il significato di mero assenso alla scelta già validamente compiuta dall’amministratore medesimo).
  • Cassazione 02 agosto 2022, n. 23955 (il condomino che ritiene di non aver ricevuto la notifica di una iscrizione ipotecaria a seguito di decreto ingiuntivo e asserisce di esserne venuto fortuitamente a conoscenza, può presentare solo opposizione tardiva).   
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